Qui ci sono delle cose che ho scritto. Racconti. Pensieri. 
Per molto tempo non ho dato loro spazio. Perché ogni cosa che scrivevo non aveva una fine.
Poi ho pensato che non sapere come finire non importa.
E qui ci sono i miei schizzi di parole.
Da alcuni ho tratto riflessioni, canzoni, brani, o nulla. Solo abbozzi.





ESSELUNGA di viale ZARA , MILANO o Quando una signora mi Vide.

Ero in corsia scatolame, cose salate, una corsia che mi funge da cinema, perché non ho realmente bisogno di acquistare funghi, bontà sott'olio, pacchetti liofilizzati di noodles, ma li anelo,

ora che da un mese tengo il lutto del bianco, e gli unici alimenti a cui posso accedere sono quelli naturali, sani, bolliti, quelli che solitamente non mi attraggono perché non derivano da un soffritto tosto e sovrabbondante di olio.

Ero lì

che mi perdo in questi colori, in queste latte, e barattoli di vetro dove le cose sembrano abbracciarsi e invitarti a immergerti con loro nel sacro vincolo dell’unto.

L’umore in genere, sarà Milano, sarò io, non era alto,

e ora come ora non anelo a sistemarlo.

Una donna, una signora attempata ma non troppo, indefinibile con la mia vista periferica e inerte.

Vedo che lei non è parallela, non punta lo scatolame ma mi guarda, in modo denso, inevitabile.

...

Mi giro la guardo. In un breve istante di silenzio in cui le pupille sono perpendicolari ora, mi dice,

-Che occhi tristi.






Non so cosa dire,

-Hai gli occhi tristi.




-Eh sì, non è la prima volta che me lo dicono.

-E sono grandi!

-Sa una persona che ora non c’è più me lo aveva detto, se non ricordo male. Credo nel 2005...

-I suoi occhi sono tristi signorina!

-Sa,

non ho tanto la vocazione per la vita. Gli esseri viventi mi interessavano molto, come oggetto, di osservazione, ora neanche quello.



-…ecco, mi reputo un essere morente. Con una vocazione per gli interstizi.

-…per cosa?

-Per quello che generalmente non è rilevante.

-Cos’è così importante ?

-Quello che continuiamo a dimenticare. E quando facciamo i conti con ciò che manca, non sappiamo cos’é, perché lo dimentichiamo tutti i giorni. O forse signora, Sa cosa, non sono mai uscita dai simboli delle cose. Avrei voluto tanto, da molto tempo, ma ora mi rassegno.

io quei carciofi lì, li osservo come un Klimt,

mi commuovono, più di una parola di conforto o di un ti amo che poi sfiorisce.

Mi intenda signora, non mi reputo speciale ma neanche per un po’, vede anche come mi vesto.




-eh si…

-Si.

Sono una cosa più vicina a...non so. Cose vecchie cose dette..

-Ma lei è giovane.

-Signora non deve calcolare un mio anno come un anno umano, ogni anno vale di più, sono come gli animali e a questa punto sarebbe sgarbato da parte sua

chiedermi quanti anni ho.

-Lei parla difficile signorina, i suoi occhi parlano chiaro sono tristi…sorrida

-Perché sono rivolti verso l’interno. E' difficile che escano. E a dirla tutta non ho voglia più di tirarli fuori. Neanche a costo di soddisfare il mio eterno desiderio di normalità che crea agio e comprensione.

- Deve amare signorina

- L’amore, cosa? davvero vuole parlare con me di ciò, delle convinzioni umane? vuole ?

- I suoi occhi sono tristi, forse perché sono messi dentro la sua testa.




E svicola.

In qualche modo io la amo.  

forse quanto i carciofi, e solo perché ora ha svicolato dandomi le spalle un po’ di più.




︎

Cambio di stagione
22 ottobre 20219


Vorrei mangiare tutto il cibo del mondo tutto  Vorrei la fiducia della terra sulle spalle  
Vorrei picchiare duro ma con un colpo solo e un fiotto leggero di sangue, tutti
E poi vorrei scusarmi di tutto perché é solo il cambio di stagione, credo.
O un certo desiderio di cercare lo scontro,
come i migliori sfigati di provincia invisibili.





Un giorno decisi che sarebbe stato necessario sedersi.
E mi misi di fronte al foglio bianco elettronico.
Mi raccolsi. Mi persi in me stessa al fine di , scrivere.
Ma in quel vuoto siderale pieno di grovigli e parole, intorno a galassie di turbamenti, confusioni, ti incontrò.

Vide quanto tempo aveva osservato l’indolente bellezza di una cosa Immobile.




Prenderò una zucca
Ci intaglierò la tua faccia

Quella che assomiglia sempre di più a lei.
Quella che credevo diversa o che sarebbe cambiata invece è rimasta la stessa e diversa da quello che era prima per me
Quella che pretende in silenzio quella che non risponde in silenzio quella offesa che tesse nuove trame mentre ti ride in faccia
Quella che su questa zucca sta prendendo la forma di chi realmente sei





Cose da stazione
tempi fuori tempo

Domani di 1 anno fa.
Che oggi ho capito .
Una volta , passeggiando, o partendo non ricordo
Incontro una tizia
Al binario
è come una spiga, alle 8, a Lambrate.

Tende all’attesa un po’ molleggiando al sole, che pare ricaricare ogni sua punta. Per questo la spiga.
La guardo con la parte buona dello sguardo negli occhiali.
E passo.

Un giorno, una volta, passeggiando, o partendo non ricordo,
Incontro una donna.
L’ho già vista.

È come un filo d’erba staccato.
Con la parte buona dello sguarda da sole, vedo che ha come gli occhi incimurriti.
e passo.

Un giorno, l’altra volta, partendo
Incontro quella donna.
Quella che ogni tanto vedo a quel binario.
È come uno scialle dimenticato sul divano senza cura.
Con la parte buona di me, mi avvicino agli occhi incimurriti.
Abbatto lo spazio che ci divide, lo faccio con sforzo, lo spazio mi serve.
Non basta poco.
Dobbiamo un po’ annusarci, o forse l’annuso solo io.
Perché lei fissa un punto indefinito, che capisco essere un interstizio dentro, la testa.
No sui binari del treno.

Sembra un volto adesso devastato dai dubbi.

La faccia non contiene abbastanza punti interrogativi. Sembra che le
Sopracciglia disegnano ogni millisecondo una domanda a cui non sopraggiunge risposta.

Ci eravamo dati appuntamento.
Qua
E io ci vengo sempre.

Faccio pausa dentro, ora mi è chiaro che sta cominciando qualcosa.  Sento che questa tizia mi darà un gancio a qualcosa. E tornerò a casa stremata dalla troppa realtà. Ma sto

Ci eravamo dati appuntamento e io ci torno sempre.
Chiedo spiegazioni, quale appuntamento, di cosa parliamo.
Che lo sai…il discorso si confonde…che a volte uno non sa.. bene cosa come, mi aveva detto che era l’ultima volta che…
Mi dava questa possibilità
Il mio amore voleva il meglio per me,

Ma dopo una pausa, dove nel frattempo ho pensato alla parola Meglio, e mi sono trasformata in un omino di cioccolato che si lanciava in una zuppetta di latte, mi sento così, e dopo questo tuffo di cacao, riattacco io,
Meglio. E aveva ragione?

Da lì si alza, lei diventa nervosa, io divento nervosa.
Sono incapace di tatto, e poi mi ficco sempre in situazione pruriginose….
Lei ora ha un lampo dentro, che non vedo, un tuono chiaro che sento, comincia a muoversi come un animale, sulla banchina, come se per dire delle cose dovesse fare una forza sul corpo che non immagino neanche un po’, lì per lì,  ora cammina densa, in fretta sulla banchina, supera i passanti e poi li supera nel senso inverso.

Ha innervosito anche il cemento ora.
Io vorrei essere migliore. Io vorrei essere miglioreeee,
ehi…scusa…io….
non mi ascolta, ora è come un lupo senza branco, ma quale branco.

Anche Io, le dico, io vorrei essere migliore, ma non ti conviene dirlo a nessuno.  A volte ci perdiamo ci confondiamo, ci dimentichiamo che importa cosa e non chi, cioè vedi io ho capito che avevo una questione coi maestri, cosa erano per me, poi h capito che era cosa potevo rubare il punto, la conoscenza, non chi non il maestro, se no è fascismo, o no? Scusa è lunga … ma …Io non capisco se … tu… l’appuntamento… ci sei venuta? Insomma perchè ci torni sempre… non sei salita poi…?

Il momento giusto.
Lei sembra aver sentito un suono, che io non ho pronunciato, e come se ripetesse, un delay, un suono dicevo, che le piace e che vuole anche scagliarmi con violenza addosso come un’incudine o pacco di pasta chiuso, ma si ferma.
Si avvicina con questo cappotto rosso pulcioso, non so se avere paura, ma non ho tempo di formularlo che si siede con me. Mi guarda e vedo che è in sala parto, in un travaglio di parole, ancora non mature.

Mi ci vuole un sigaretta,

te la faccio, io.

Il travaglio continua , si vede che cerca parole che non pronuncia più spesso.
Parole che sono a letto nella testa, orizzontali e che in piedi chissà che suono facciano ora. Chissà dove vanno le parole che non usiamo più. Penso e non glielo dico.
Alcuni usano comunque le parole che avevano per altri, per altri ancora. Si chiama economia, forse. Per un altro non è mai un altro.
Insomma le parole in degenza, che suono hanno? Quando non dici delle cose da tanto tempo, beh dove erano andate, a cambiare suono o in disuso, in quarantena?

Ma sto zitta, i miei discorsi generalmente non hanno alcun senso se non nella mia intercapedine della testa . Poi escono, ciancicati e smarriti. Faccio solo sofisticazioni della mente per distrarmi da un dolore reale, penso, o forse semplicemente per nascondermi comoda dentro questa coltre di parole che mi celano. Penso e non dico.

Questo tempo ci è servito a rollare la sigaretta.
Che prende e non accende. Si perde a guardare un punto fisso.

E in quel momento io sento una frana. Una comunanza, che ora ci mette nella stessa stanza  e non so cosa accade. È come se avesse in mano qualcosa di mio ora. Oltre la sigaretta. si fuma i miei pensieri.

Dopo averne masticato forse qualcuno fissando il bordo del binario più lontano.
Il momento giusto.
Mi fa.
Io sono venuta. sempre vengo. tutti i giorni allo stesso orario.
non sono venuta qui una volta, quella volta.
Io ci vengo, sempre, ad aspettare il treno.

E sto zitta come un tufo ora
questa cosa mi ha tolto una vita delle mie 7. E riempita di pensieri sparsi troppo.

Lei di chiamava Fabiola. Fabiola ha perso un appuntamento, forse l’ennesimo e l’ennesimo o non so come sia andata ben bene.
Ma poi ci va tutti i giorni ad aspettare. A recuperare un appuntamento. Perchè se mai tornasse, lui deve vederla che è lì  ma anche se non la vede cosa importa, ciò che conta è esserci. E anche se non torna, un appuntamento del genere vale tutti gli appuntamenti possibili. E tutte le possibilità di esserci.

Fabiola, se è tutto vero quello che mi ha detto, lei alle 7,27 sta a Lambrate, aspetta il treno, quello che va a Reggio, lo guarda passare e poi non vedendoti Sergio , lei va via. E cos’ 5 giorni su 7 alle 7,27 e poi va a lavoro.

E così sono passati 6 anni. Forse 6.
Ed ora che siamo qui, la pazzia è evaporata. E ciò che resta è questo stare.
Ed è la prima volta che riesco  dopo millenni di fughe, da tutto, a odorare la sensazione di come sia sensuale stare.

Io spero che sia viva. E Sergio se tu leggi, un amore così io non l’ho mai avuto, ti invidio Sergio. E Sergio io ti immagino, chissà cos’hai di speciale per fare impazzire. E un pò ci penso, cosa mi farebbe impazzire da non desiderare più di tornare in me o destinarmi a tenermi nella periferia di me.
Ora da allora ho 6 vite. Ma fumo.





É estate oggi
febbraio 2020 alla vigilia di una fine

È notte di calura
Le zanzare dei pensieri pizzicano
E veglio ogni  incandescenza della mente

É l’estate in cui ho smesso di guardare fuori
Sperando nella tua mano tesa
Meglio una delusione che una gioia finta

Dice Gaspare, il pensiero più saggio a destra in fondo
Vicino al bagno.
Vorrei il vasino quello mio, quello di plastica, un gattone rosso non simpatico ma gentile e fedele. Ti giuro.
Starebbe zitto, anche se gli butto il culo sul dorso addosso.
Vorrei tornare  a usarlo,  quel tipo di amore con la sensazione che possa essere vero vero.
È il freddo dell’estate che non c è

È meglio una delusione che una gioia finta.

Ma c è pressione la televisione
Il sole
Che è andato e quando torna vorrei guardarlo con 4 occhi
Cosa dici?! Gaspare dice
Non è vero !
il tuo pane ora devi solo dividerlo con quelli come te.
Ho un tunnel dentro che nessuno immagina

Son un cavaliere, Gaspare, io ho una missione eureka  
L’ho capito
Voglio la bellezza quella vera, anche se non significa niente.
Allora voglio quel niente.
Bravo cavaliere, verso L‘inesistenza
Gaspare però
Sai
Ho gli occhi di vetro
Non ho gli occhi di occhi
E ho un sacco di graffi
La mattina è graffiata
Il sole le stelle la tovaglia

Cosa credevi di non averceli gli occhi di graffi ?
No Gaspare, o forse sì ?
Gaspare, non m ilasciare anche tu
Oltre che graffiati gli occhi sono bagnati

E non ho ombre che mi coprono per strada nessuno passa .
Dov’è il crimine ?
Brio, Cavaliere,brio!
Ci basteremo.
Ti basterò e quando arriverà quello che cerchi mi lascerai.
No Gaspare non lo farò
Si lo farai

No Gaspare ora sono cavaliere.




︎︎︎