Categoria: TEATRO




‘Na specie de cosa violenta che non farò mai più

Una cosa di Flavia Ripa
con il selvaggio contributo
di Francesco Tozzi
intorno all’opera 
“Una vita violenta” di Pierpaolo Pasolini

una produzione IlGialloDelLimone



Nel 1957 Pier Paolo Pasolini, pubblica il suo nuovo libro, "Una vita violenta”, finalista del premio Strega del 1959, assegnato poi al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa.

Questo nuovo testo è un condensato delle nuove esperienze dell'Autore, su tutte quella cinematografica. Un libro spietato, crudo, ingiusto, senza compromessi dove nubi di facce informi, poco amabili, e senza orpelli ci accompagnano nella realtà che l’autore vuole fotografare.

Il gergo è quello delle “borgate”, un romano di periferia, linguaggio necessario per adeguare il dialogo all'azione dei personaggi, avventure, furti, coltellate, parolacce, amore e sventure in un magma unico con la comunicazione stessa.

Noi, questa vita, abbiamo deciso di porgervela nella maniera più sconvolgente possibile: ovvero con le esatte parole che l'Autore ci ha lasciato.

Il recital infatti è strutturato come un radiodramma, genere che ha origine e va in auge proprio negli anni 50’ in Italia.

In mancanza della vista, suoni e sonorità, musiche ed effetti assieme alla voce assumono un ruolo fondamentale per immaginare, sentire, percepire da vicino accanto al protagonista, dimensioni di tempo e spazio, come in un film, e questo romanzo ha uno straordinario tiro in termini cinematografici.

La presentazione del nostro lavoro va dal radiodramma alla lettura condivisa della vita violenta, manco a dirlo del giovanissimo Tommaso Puzzilli, figlio delle periferie, delinquente occasionale, "ragazzo di vita" (all’occorrenza) e dei suoi amici che vivono in baracche fatiscenti e passano il tempo al bar, organizzano piccoli furti, arrivando a prostituirsi per poter portare la ragazza al cinema o per comprare qualche sigaretta.

Non mancano le serenate, momenti di desiderato riscatto e disperata vitalità.
Si incappa poi nel corso del recital in domande e interrogazioni intorno a una storia di ordinaria ingiustizia.

“...tuttavia vorrei che fosse ben chiaro al lettore che quanto ha letto in questo romanzo è nella sostanza, accaduto realmente e continua realmente a accadere.”

La storia di Tommasino Puzzilli, e le immagini di quel tempo anche così lontano, si sovrappongono in maniera perfetta a quelle della nostra attualità, e ci convincono che questo non è il solito copione pulp, interno giorno sparatoria violenza periferia solitudine e rabbia, ma è un capolavoro della letteratura, qualcosa che ha più a che fare col cuore e il respiro che con milioni di ragionamenti.

“Una specie di cosa violenta [che non farò mai più]" è un’incursione del teatro nella grande letteratura italiana. Il recital è un tentativo di proseguire la scia delle parole stampate, quasi come se le dovessimo cantare su una base rumorosissima con migliaia di persone davanti.